L’angolo di Raoh: I Crown of Autumn
Scritto da on 3 Novembre 2020
Per la prima puntata di questa mia rubrica su Radio Scream Italia, non potevo che parlare di musica… E che musica! Vi parlerò di un gruppo che ha
segnato nel profondo il mio animo di ascoltatore di roba di qualità, forse un po’ di nicchia ma comunque ricchissimo di contenuti musicali. È difficile
inquadrare l’eclettica produzione di Rastelli & Co. in un genere ben definito; a sonorità tipicamente metal si accostano spesso arpeggi medievaleggianti e una tale quantità di finezze che è difficile non restare stupefatti dalle oniriche atmosfere che il gruppo è stato in grado di creare.
Andiamo per ordine; il primo lavoro “ufficiale” dei Crown of Autumn è il disco “The Treasure Arcane” pubblicato
nell’ormai lontano 1997. Il nome si rivela azzeccatissimo, in quanto (sempre a modestissimo parere di un ascoltatore
specializzato in hip hop come il sottoscritto) è possibile registrare la presenza di tracce di spessore ASSOLUTO.
Si parte a razzo: dopo la breve intro “Equinox” è possibile subito ascoltare uno dei pezzi meglio riusciti dell’intera produzione dei Crown: “Towers of Doleful Triumph”. Una traccia forte, potente, eppure, in fondo, delicata ed emozionante. Come d’altronde lo è la successiva “A Lyre in The Vesper’s Calm” (la quale è stata la suoneria del mio cellulare per anni, prima di essere sostituita dall’inno dell’Unione Sovietica… ma questa è un’altra storia), la quale ci trasporta in un mondo di pace inquieta.
Parlare di questo gruppo senza tendere a recensire ogni pezzo è piuttosto faticoso, in quanto ogni singola traccia possiede una sua propria e ben definità identità; basti pensare a quanto diversi, eppure ugualmente emozionanti siano, nell’album successivo dei Crown of Autumn, “Splendours From the Dark” (uscito nel 2011, si, dopo la bellezza di 15 anni dal primo), i pezzi “Noble Wolf” e “Ultima Thule”, con il primo a rappresentare la pura forza metal e il secondo delicatamente sussurrato da una voce femminile.
Perchè è questa la materia della quale sono fatti i Crown of Autumn: EMOZIONI. Emozioni che sgorgano potenti da ogni nota suonata dalle sapienti mani dei vari componenti del gruppo. Mai nulla è lasciato al caso e non ci sono tracce che possono essere considerate dei riempitivi. Persino quelle a me meno gradite si rivelano di una completezza e armonia da catturare comunque l’attenzione di chi ascolta.
Come dico sempre, i Crown (permettetemi di usare un diminutivo, li ascolto da più di 20 anni…) sono adatti a chiunque, dal metallaro appassionato di black metal, al “neofita” di questi generi musicali che vuole sperimentare nuove emozioni. Da citare assolutamente la presenza di pezzi esclusivamente strumentali (bellissima e introspettiva “Spectres From the Sea”, energetica e medievaleggiante “Forlorn Elven Realms”, onirica e trasportante “The Flute of The Dancing Satyr”, quest’ultima presente però soltanto nella demo “Ruins”) che completano uno spettro di sonorità davvero molto ampio ed appagante.
In ordine di tempo, l’ultimo lavoro del gruppo è “Byzantine Horizons”, datato 2019. Io personalmento lo considero
l’album più “maturo” e meglio amalgamato dell’intera produzione. Poco metallo, è vero; ma tante, tantissime emozioni!
Perchè la carica di “Everything Evokes”, la solennità di “Dhul-Qarnayn”, le sonorità toccanti e malinconiche di
“Roman Diary” colpiscono nel profondo e lasciano (piacevoli) segni.
In conclusione, un gruppo che straccia ogni convenzione e dalle capacità tecniche, musicali e psicologiche davvero fuori dal comune.
Citazione da ricordare: “Sire dell’imbrunito regno, (del dorato tuo manto la vista m’enfiamma ‘l cuor) scuro è ‘l color del verbo tuo. (quando m’encanti con storie d’antico splendor)” da “Towers of Doleful Triumph”.