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Sette Anime: Violence Jack

Scritto da on 5 Dicembre 2020

Lo ammetto; ho volutamente chiamato questa nuova rubrica “sette anime” per citare l’omonimo film con Will Smith. Titolo che neanche calza a pennello, in quanto le opere di cui vi parlerò, sono principalmente dei MANGA dai quali sono stati tratti successivamente degli anime (alcuni peraltro di grande successo, anche più del manga, ma non è il caso dell’opera di oggi).

Difficile parlarne. In Italia è poco conosciuto, nonstante l’autore, Go Nagai, sia probabilmente il più grande mangaka di tutti i tempi (ma noi lo conosciamo solo per la saga dei robottoni – Goldrake, Mazinga e simili… Tranquilli, parlerò anche di loro) e nonostante la grande community italiana di appassionati.

Violence Jack (Giacomo Violenza! 😉) può essere considerato l’opera omnia del maestro. Una summa di tutto ciò che ha prodotto fino a quel momento. Al di fuori della (grandiosa) storia principale, innumerevoli sono le citazioni alle altre opere di Nagai; l’esempio che mi piace sempre citare è la presenza di Tetsuya Tsurugi e Jun Hono (rispettivamente piloti del Grande Mazinga e di Venus Alpha), anche se la connessione principale è con un altro capolavoro di questo grande mangaka, cioè Devilman.

Ancora non ho accennato alla storia del manga… Perché c’è da prepararsi bene. Violence Jack, nonostante possa dare l’impressione di essere “il solito manga di combattimento” si rivela invece di una complessità (e genialità) narrativa incredibile. Leggendo alcune interviste del maestro, ho notato come spesso ricordasse di infilarsi in archi narrativi talmente complessi che a volte aveva paura di non sapere come uscirne.

L’opera tratta della vita nel Giappone devastato da uno spaventoso terremoto avvenuto in un epoca contemporanea non meglio precisata (siamo comunque a cavallo fra gli anni 70 e gli 80). Il tema post-apocalittico rende il tutto decisamente cupo e squallido; l’assenza di istituzioni e forze dell’ordine hanno fatto in modo che entrasse in vigore la legge del più forte. La Tokyo di Jack è una Tokyo fatta di assassini, ladri, stupratori (c’è più di uno stupro di gruppo nel corso della storia) che si contendono quel poco che è rimasto tra le macerie della civiltà.

I disegni, le tematiche trattate, anche i dialoghi sono impostati da Nagai per colpire direttamente lo stomaco del lettore; e ci riesce pienamente. Ne dà prova già nelle primissime tavole della storia, quando descrive l’inizio del disastro di Tokyo, narrando vicende che apparentemente (vista anche l’assenza del protagonista) non hanno connessione con la storia principale.

Il buon Jack mostra una statura niente male e qualche muscoletto…

In fondo, la tematica principale del manga è inserita direttamente nel nome del protagonista: la VIOLENZA. Crimini efferati, mutilazioni e cattiveria gratuita sono estremamente comuni durante tutto il corso dell’opera. Un esempio: Slum King (il cattivo principale) porta a spasso due persone con avambracci e gambe amputati come fossero cani.

Sarà il nostro Jack a cercare di riportare un po’ di odine in questa era disastrata; Jack che durante la storia andrà avanti a uccidere, mutilare, squartare e chi più ne ha più ne metta, brandendo il suo coltello con ferocia inaudita e nel frattempo addestrando anche degli adepti a essere spietati come lui. Il confine tra i buoni e i cattivi non è mai stato così sottile; Jack non è un santo, nonostante sia schierato dalla parte dei primi.

Non voglio fornire spoiler sulla trama, la quale merita di essere gustata dall’inizio alla fine, ma mi sento di dire che quando arriverete (se arriverete… L’opera è lunga) al finale, esso sarà all’altezza di tutto ciò che c’è stato in precedenza: epico, emozionante, grandioso.

In conclusione, un manga che definire un capolavoro è riduttivo. Un’opera che resterà negli annali della storia del fumetto e che è servita anche come fonte di ispirazione per altre opere create successivamente (Ken il guerriero? Ne parliamo la prossima volta!)


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